Li riaprite sti manicomi o no?! La psichiatra uccisa dal paziente ‘pazzo’

Il problema della psichiatria è che noi agiamo su qualche cosa che non è oggettivabile. La psichiatria ha un’ambizione sfrenata perché la parola stessa lo dice, medicina dell’anima,
medicina della psiche, medicina della mente, cioè la medicina di qualche cosa che non ha un oggetto. La medicina in generale ha comunque un oggetto. In  qualche modo la prepotenza della psichiatria è inversamente proporzionale al  suo sapere.
– Franco Rotelli, dall’intervista di Gianfranco Falcone, L’Espresso, “No ai manicomi, atti criminali in psichiatria”

C’è un eccesso di consuetudine nel nostro tempo che riguarda lo svelare. Una grande bocca aperta su tutto, sulle vite delle persone vivisezionate per intercettare la matrice pietistica. Il tempo del Covid ha allargato la maglia delle possibilità. Il punctum della narrazione passa sopra il cadavere della vittima, passa su quella del carnefice (ritenuto tale), li mette sullo stesso piano: in una vetrina in cui il pubblico deciderà che farne. Il fine è la pancia.

Così, la psichiatra uccisa a Pisa era, in uno dei tanti servizi andati in tv, una mamma con tre figli che amava la vita. Uccisa da un suo ex paziente, il mostro sbattuto con volto ben visibile nell’incetta di video e foto raccattati dai social. La gogna è partita, il pubblico indossa prima il camice da psichiatra e poi la toga, diagnosi e condanna in un battito di ‘like’, mentre si inneggia alla nostalgica riapertura dei manicomi, perché di sti pazzi cosa si deve fare? È quello che in maniera più edulcorata dice una collega in tv prima di lanciare il servizio, in cui il nome e la vita del “matto” sono lì, tangibili e toccabili in particolari che non parlano della storia clinica, né della fragilità della persona o di quella del sistema. Nessuna considerazione su quel misero 3% destinato alla salute mentale nella spesa pubblica. Nessun accenno alla situazione delle Rems-Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, strutture sanitarie delle Regioni che in base alle leggi del 2012 e 2014 devono in teoria sostituire i vecchi Opg-Ospedali psichiatrici giudiziari (ex Ministero della Giustizia) chiusi il 31 marzo 2015. Nessun approfondimento sui mancati fondi alla ricerca in materia di salute mentale nel nostro Paese, con protocolli sempre identici, strutture e posti letto insufficienti. Nessuno che parli della difficoltà di psichiatri, professionisti e delle famiglie, della condizione di pericolosa solitudine in cui vivono.

Lo stigma della malattia mentale, poi, alimentato da casi come questi. Se si volesse davvero onorare la vita della psichiatra uccisa si dovrebbe, forse, parlare del suo lavoro, delle condizioni che favoriscono fatti criminosi come quelli di oggi, filiazione di una fragilità di cui lo Stato e la società non si fanno carico (o sono complici). La mancanza di fondi, protocolli vetusti, assenza totale o eseguia di interventi a potenziamento dell’assistenza familiare e domiciliare (previsto nelle dichiarazioni del Recovery Plan, con fondi che a quanto pare sembrerebbero non ancora messi a dimora dalle Regioni).

La libertà è terapeutica. «I pazienti psichiatrici non sono pericolosi; ma abbandonati dallo Stato» come ci spiega lo psichiatra Franco Rotelli*, allievo e collaboratore di Franco Basaglia, ha avviato la prima esperienza di manicomio giudiziario aperto in Italia e in Europa, scomparso ahimè proprio qualche giorno fa. In una sua intervista sulla testata Vita, lo scorso ottobre, afferma come a essere pericolose e insidiose siano le dichiarazioni che inneggiano alla reclusione di persone con disagio psichico in risposta a fatti di cronaca simili: «Sono stupidaggini, scritte da persone che si esprimono ma che non vogliono capire o sapere nulla. Solo una parte infinitesimale degli atti violenti sono commessi da persone con disturbi mentali, lo dicono i dati. Quelle che leggiamo sui Social Network sono reazioni facili, perché fa comodo identificare».

Il dottor Rotelli, spiega che i ‘malati di mente’ «non si macchiano di azioni violente in modo statisticamente superiore rispetto agli altri: tutti possiamo essere pericolosi o meno, in base a un gran numero di variabili che intervengono nelle nostre vite. La questione vera riguarda la particolare attenzione che bisogna avere per la salute mentale e per i rapporti che si stabiliscono con chi vive dei disagi. Servono servizi, presenza, vicinanza». Il rafforzamento dell’assistenza territoriale è fondamentale affinché “la salute mentale sia dentro un sistema di comunità” che è il luogo adatto a poter lavorare in modo intelligente, è quello per cui il dottor Franco Rotelli si è battuto sino alla fine.

La dottoressa Barbara Capovani, la sua morte, meriterebbe il riscatto di una narrazione più attenta e permeante, empatica e meno emotiva, che affronti e destrutturi lo stigma della ‘malattia mentale’ e parli, come è giusto che sia, di salute mentale. Di cura, con cura. Di quella che mi piace chiamare ‘prevenzione di umanità’.

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*Franco Rotelli: psichiatra, collaboratore di Franco Basaglia, dal 1979 al 1995 è stato direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste. Uno dei principali protagonisti della riforma psichiatrica in Italia. Rotelli è nato a Casalmaggiore (CR) nel 1942. Nel 1969 all’interno della sezione criminale dell’ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere (Mantova) ha avviato la prima esperienza di manicomio giudiziario aperto in Italia e in Europa. Nel 1998 diventa Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria di Trieste, ruolo che manterrà per una decina d’anni. È stato consulente dell’Oms per lo sviluppo della riforma psichiatrica in Argentina, Brasile e Repubblica Dominicana. Pubblichiamo qui di seguito il contributo scritto da Rotelli per il numero della rivista Communitas, edita da VITA, dedicata a “Le apocalissi della mente”: aveva intitolato il suo testo “Ma la salute mentale cos’è?” (fonte: Vita.it).

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approfondimenti:
«Ma la salute mentale che cos’è?» di Franco Rotelli
Franco Rotelli. No ai manicomi, atti criminali in psichiatria
L’addio allo psichiatra e intellettuale. Chi era Franco Rotelli, psichiatra e intellettuale è stato il braccio destro di Basaglia

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